IL TESORO DI VAL POLCEVERA

L’argomento della conversazione è la storia del rinvenimento di un tesoro alla fine dell’800 nel territorio di un piccolo comune vicino a Genova, delle liti giudiziarie che ne seguirono, e della successiva dispersione e perdita del complesso.

Segue il ritrovamento fortuito di una piccola parte dello stesso, e la presentazione in anteprima dei pezzi ritrovati, in attesa della pubblicazione integrale nei"Ripostigli Monetari Italiani" a cura di chi scrive.

Gli avvenimenti sono stati ricostruiti dalla documentazione degli atti ufficiali dell’ex Comune di San Quirico in Val Polcevera, che lo scrivente ha avuto la fortuna di fotocopiare prima della loro dispersione.

Una breve inquadratura geografica per i non genovesi. Gli avvenimenti narrati si sono svolti sulla riva del torrente Polcevera, che scende dal passo dei Giovi fino a sfociare in mare a Genova-Sampierdarena. Nel periodo in oggetto la valle era sede di numerosi piccoli comuni, che furono riuniti nel 1926 nella Grande Genova. Il comune di San Quirico - oggi delegazione del ponente cittadino - – occupava il territorio tra i torrenti Polcevera e Secca, luogo noto per altri ritrovamenti di monete, tra cui quello famoso di dracme e oboli padani , detto di Serra Riccò.

Per chi fosse interessato, il punto del ritrovamento di cui oggi si parla è a poche centinaia di metri dal casello di Genova-Bolzaneto dell’autostrada A7, sul greto del torrente Polcevera, alla base del muraglione che sostiene la strada verso il santuario della Madonna della Guardia.

Proprio lì nell’agosto del 1892 stava scavando sabbia un povero cavatore, tale Andrea Gaggero, quando trovò frammiste alla ghiaia alcune monete d’oro antiche. Con encomiabile senso civico egli le consegnò in Comune, ed il sindaco avvisò il prefetto che lo autorizzò alla vendita a beneficio dell’erario comunale.

Nei due anni successivi però si infittirono le voci dell’immenso tesoro che ancora giaceva sul luogo, e di scavi clandestini che gli abitanti andavano praticando, con arricchimenti improvvisi dovuti alla rivendita delle monete asportate.

Il Comune decise di far cessare il saccheggio, e nel luglio 1894 l’oste Morasso, consigliere comunale, fu incaricato ufficialmente di far rafforzare il muro di sostegno della strada comunale sul Polcevera, con l’aiuto del carrettiere Cambiaso e dell’operaio Porcile.

Questo era lo scopo legale; in realtà si voleva recuperare a beneficio del Comune quante più monete possibile: Morasso aveva avvertito gli operai di consegnargli ogni moneta trovata. Il punto esatto era la base del muraglione della strada comunale, alveo abbandonato dal Polcevera da tempo immemorabile nel luogo indicato con precisione dal citato Gaggero.

Fin dai primi giorni cominciarono ad affiorare monete d’oro: ogni sera il Morasso consegnava le monete ai carabinieri della stazione locale, che, inventariate e sigillate, le riconsegnavano al comune.

Quattro giorni dopo l’Intendenza di Finanza di Genova, giuntale la voce dei ritrovamenti, bloccò i lavori e richiese la consegna delle monete trovate, asserendo che l’alveo del Polcevera apparteneva al Demanio; il Comune rifiutò e depositò le monete trovate presso l’ex sindaco, ma non poté impedire il prosieguo dei lavori da parte dell’Intendenza di Finanza, con nuovi abbondanti ritrovamenti.

Base dell’opposizione del Comune era che l’alveo abbandonato da tempo immemorabile apparteneva ormai al Comune stesso, che comunque era il ritrovatore del tesoro, avendo ordinato e gestito dei lavori per cui esso era stato trovato. A scopo precauzionale, provvide nel frattempo a rilevare i diritti di scoperta dagli effettivi scopritori, per 3.000 lire ciascuno.

L’Intendenza di Finanza, rivendicando l’intero tesoro, fece causa al Comune e richiese un’indagine dei carabinieri per sapere se la denuncia di tale Sgraffigna contro l’oste Morasso, detto Il Gobbo, e i suoi operai di aver eseguito scavi clandestini notturni, arricchendosi favolosamente, fosse vera.

I CC smentirono: essi stessi avevano sempre piantonato la zona, il "Gobbo" era al di sopra di ogni sospetto, e gli operai erano ancora dei poveracci. Nel frattempo un’alluvione riportava il corso del Polcevera proprio nella zona degli scavi, convalidando le pretese del Governo.

Una delegazione del comune a Roma presso il Ministro delle Finanze ebbe dal ministro stesso il consiglio di una transazione amichevole, dividendo il tesoro tra Comune e Stato.

Dopo alcune schermaglie, si arrivò a dividere l’intero ritrovamento - 3600 monete d’oro - al 50 % tra comune e stato, depositandole presso la sede genovese della Banca d’Italia.

Una lettera anonima dell’epoca insinua che nel trasporto i consiglieri comunali si sarebbero appropriati di alcuni pezzi rari, sostituendoli con monete comuni.

Il Governo dispose altresì che 35 monete fossero selezionate a cura di Solone Ambrosoli, allora Direttore delle Collezioni Milanesi di Brera, nonché fondatore della Società Numismatica Italiana, per essere conservate come testimonianza del tesoro nelle Collezioni Comunali di Genova. Il resto del tesoro (valutato 10 lire il pezzo-il valore dell’oro) pare sia stato venduto da Comune e Stato per rifarsi delle spese di scavo e finì disperso.

Indagini recenti presso la filiale di Genova della Banca d’Italia e le Collezioni Comunali genovesi non avevano dato esito, per cui l’intero complesso era ritenuto perduto.

Durante il riordino delle Collezioni Numismatiche Milanesi sono stati però sorprendentemente trovati due nuclei di monete ( genovesi e straniere ) attribuiti da un foglietto manoscritto al "Ripostiglio Val Polcevera", e come tali sono state studiate da chi scrive.

Si tratta delle 35 monete scelte da Ambrosoli, arricchite da altre 7 ( 6 genovesi e 1 di Avignone ), forse acquisto di Ambrosoli da quanto disponibile dal comune di San Quirico, ma mancanti di una moneta di Luigi XII per Milano presente nella lista originaria. Forse questa è stata inserita più tardi tra le monete milanesi delle Collezioni Comunali e oggi non è più identificabile.

Questo complesso viene oggi presentato per la prima volta nella sua completezza.

Per quanto riguarda le vicende storiche che portarono alla formazione di un così cospicuo deposito, è opinione corrente tra gli studiosi genovesi che si tratti di parte del tesoro della Repubblica Genovese sottratto dagli Austriaci che, in fuga da Genova dopo la rivolta di Balilla, tentavano di raggiungere Novi Ligure attraverso il passo della Bocchetta. Invero le cronache narrano che nella notte del 10 dicembre 1746 i villani di Val Polcevera attaccarono le retroguardie dell’esercito in ritirata, uccidendo soldati e facendo bottino. E’ inoltre noto che nelle vicinanze, alla confluenza Polcevera – Secca, si sono trovate monete d’argento della Repubblica.

Sembra ragionevole concludere pertanto che le monete oggi presentate facciano parte del tesoro sottratto alla Repubblica Genovese da parte dell’esercito austro-piemontese del generale Botta-Adorno durante le vicende della Guerra di Successione Austriaca..
 

Conferenza del Dott. Eugenio Vajna De Pava
Presso Associazione Collezionisti Numismatici Milanesi
Il 07 Novembre 2001